ARTICOLI RIGUARDO LE NUOVE TECNOLOGIE DELLA RIPRODUZIONE UMANA

domenica 10 febbraio 2008

VERSO LA CLONAZIONE UMANA

Verso la clonazione umana
di: Alessio Mannucci

Un gruppo di ricercatori statunitensi è riuscito, per la prima volta, a creare embrioni clonati da scimmie macaco adulte (Macacus Rhesus), i nostri cugini più prossimi. Potrebbe essere un “gigantesco passo in avanti” - così sostiene il britannico The Independent - verso la clonazione umana. La sintesi del lavoro, compiuto dall'equipe guidata dal biologo di origine russa Shoukhrat Mitalipov, dell'Oregon National Primate Research Centre di Beaverton, sarà pubblicata su Nature.



La notizia è stata ufficializzata all'interno di un rapporto dell'Istituto di Ricerca Avanzata delle Nazioni Unite, e confermata da Alan Trouson, della Monash University di Melbourne, uno dei maggiori specialisti delle tecniche di clonazione. I ricercatori hanno anche estratto, da alcuni degli embrioni clonati, cellule staminali fatte trasformare in tessuti cardiaci e nervosi. Mitalipov dice di essere riuscito a creare due linee di cellule staminali da 20 embrioni clonati. Hanno poi provato, senza successo, a impiantare circa 100 embrioni clonati nell'utero di una cinquantina di “madri surrogate”. Nel 1996, per creare la pecora Dolly, primo clone di un mammifero adulto, furono necessari 277 tentativi, cioè 277 embrioni.

Secondo Alan Trounson, il successo di Mitalipov rappresenterebbe il passo avanti lungamente atteso: nonostante numerosi tentativi, infatti, nessuno finora era riuscito a produrre embrioni clonati di primati da cellule adulte. “I risultati di Mitalipov provano quanto sia valida la teoria dei primati, secondo cui essi rispondono ai requisiti necessari. Ora è possibile prendere seriamente in considerazione la clonazione umana”.


DICHIARAZIONE DI OVIEDO

La “Dichiarazione di Oviedo” - “Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e la dignità dell'essere umano riguardo le applicazioni della biologia e della medicina2 - approvata dal Consiglio d'Europa il 4 aprile 1997 ad Oviedo nelle Asturie, rappresenta la vera e propria Carta della bioetica europea, posto che, almeno alcuni articoli (11, 13, 14, 16, 17, 19, 20 e 21), non sono passibili di restrizioni e assumono quindi carattere di veri e propri principi incondizionati. L'art. 2 sancisce il primato assoluto dell'essere umano: “L'interesse e il bene dell'essere umano devono prevalere sul solo interesse della società o della scienza” (che belle parole !).

Alcuni episodi, non ultimi quelli relativi alla legge olandese sull'eutanasia e all’autorizzazione del governo inglese a far uso nella ricerca medica di embrioni ricavati mediante tecnica di “clonazione terapeutica”, hanno mostrato come la Carta abbia ben poco valore esecutivo, e come posso tranquillamente essere bypassata, tanto non interviene nessuno.



Nella realtà dei fatti, in Europa non esiste affatto una regolamentazione comunitaria in materia. In Italia, che ha ratificato la Dichiarazione di Oviedo, la clonazione umana è vietata non da una vera e propria legge ma da un provvedimento di natura amministrativa, cioè un'ordinanza del Ministro della Sanità del 22 dicembre 1999, con cui è fatto divieto di praticare la clonazione, sia umana che animale, la clonazione a fini riproduttivi e la creazione di embrioni a scopo di ricerca. Per quanto riguarda la clonazione animale, però, il ministro della salute Girolamo Sirchia ha annunciato di voler rimuovere il divieto, per permettere ricerche sperimentali sugli embrioni diversi da quelli di uomo. In Francia esiste una legge sulla bioetica risalente al 1994, nella quale si legge che “è vietata qualsiasi forma di ricerca scientifica sull'embrione umano”.

La Francia non ha ratificato la convenzione di Oviedo in quanto ritiene la normativa nazionale più restrittiva della dichiarazione stessa. In Germania, il Paese europeo con le disposizioni più garantiste rispetto ai diritti dell'embrione umano, una legge del 1990 stabilisce che “fin dalla sua origine l'embrione umano è considerato come una persona. Fin dalle ore che seguono la fecondazione, l'embrione è intoccabile”. In Irlanda, Paese nel quale fra l'altro l'aborto procurato è ancora vietato dalla legge, la clonazione è senz'altro proibita, poiché l'embrione umano è tutelato dalla Costituzione dell’Eire, e non può quindi essere usato come una cavia di laboratorio. Spagna e Grecia, che hanno già ratificato la convenzione di Oviedo, sembrano escludere la liceità della clonazione umana. C'è poi un nutrito gruppo di nazioni europee - Belgio, Finlandia, Danimarca, Lussemburgo, Portogallo, Olanda, Svezia - che hanno firmato la Dichiarazione di Oviedo ma che non l'hanno ratificata, per cui sul loro territorio potrebbe, almeno teoricamente, avviarsi una sperimentazione sugli embrioni umani, compresa la clonazione.

In Gran Bretagna, probabilmente il Paese più permissivo in questo campo, soprattutto dopo le conclusioni della celebre commissione Warnock, con la elaborazione del concetto – per la verità assai contestato negli ambienti scientifici - di “pre-embrione” (in tutti i documenti favorevoli alla manipolazione del “pre-embrione” sono stati identificati alcuni criteri che ne giustificano la distinzione dal vero embrione, che apparirebbe magicamente dal quattordicesimo giorno di vita in poi o anche oltre, una chiara forzatura ideologica in favore della manipolazione degli embrioni, ndr). Nel gennaio del 2001, la Camera dei Lord ha dato il via libera all'utilizzo delle cellule staminali di embrioni umani a scopo di ricerca, per cui sembra che la stessa clonazione terapeutica rimarrà del tutto lecita. Mentre potrebbe essere vietata quella riproduttiva.

Negli Stati Uniti, dove si pratica la clonazione terapeutica, e dove si possono anche acquistare gatti clonati, l'amministrazione di George W. Bush si è dichiarata intenzionata a sanzionare duramente la clonazione umana, per qualsiasi scopo venga intrapresa. Il Congresso ha annunciato un provvedimento legislativo in questa direzione. Nell'estate del 2001, lo stesso Bush ha elaborato un documento sull'embrione umano, nel quale prevalgono le ragioni della tutela, soprattutto attraverso il divieto di produzione di embrioni a scopo di ricerca. Sono invece autorizzati gli studi su embrioni che siano già stati uccisi precedentemente.

In Australia, nello stato di Victoria, in seguito alla legge approvata dal parlamento federale, è stata legalizzata la clonazione di embrioni umani per la ricerca sulle cellule staminali. Il provvedimento è stato approvato dal parlamento statale, dopo che i partiti avevano dato indicazione di libero voto secondo coscienza. Possono essere utilizzati embrioni in eccedenza relativi al trattamento di fecondazione in vitro per creare staminali a scopo di ricerca medica. Il ministro della Sanità Pike ha dichiarato: “La nuova legge rafforzerà la reputazione dell'Australia come leader nella ricerca medica. Le norme di licenza sono sempre molto severe - ha precisato - e vi saranno chiari limiti etici”. La legge infatti prevede una pena di 15 anni di carcere per chi contravviene ai limiti imposti dalla legge per prevenire gli abusi. Nonostante la soddisfazione generale, il gruppo per il diritto alla vita ha accusato i parlamentari di permettere la produzione di esseri umani da essere usati a beneficio altrui, come schiavi della scienza e destinati, infine, ad essere distrutti. Secondo Margaret Tighe, il presidente del gruppo, la legge approvata è immorale e crea un precedente pericoloso.

La Spagna di Zapatero sta invece spingendo verso una legge per la “clonazione controllata” a fini terapeutici. Il governo ha approvato una bozza preliminare di un disegno di legge che include la tecnica di trasferimento dei nuclei cellulari per creare tessuti o organi da utilizzare nella terapia di malattie considerate incurabili, tecnica contro cui si è espressa la Conferenza episcopale, affermando che attenta alla la dignità della persona, autorizzata in Europa da Gran Bretagna, Svezia e Belgio, e nel mondo da Australia, Giappone, Corea, Israele e Singapore. È consentita anche negli Stati Uniti, ma senza l'impiego di fondi pubblici federali.

Data articolo: novembre 2007


Verso la clonazione umana
di: Alessio Mannucci

Un gruppo di ricercatori statunitensi è riuscito, per la prima volta, a creare embrioni clonati da scimmie macaco adulte (Macacus Rhesus), i nostri cugini più prossimi. Potrebbe essere un “gigantesco passo in avanti” - così sostiene il britannico The Independent - verso la clonazione umana. La sintesi del lavoro, compiuto dall'equipe guidata dal biologo di origine russa Shoukhrat Mitalipov, dell'Oregon National Primate Research Centre di Beaverton, sarà pubblicata su Nature.



La notizia è stata ufficializzata all'interno di un rapporto dell'Istituto di Ricerca Avanzata delle Nazioni Unite, e confermata da Alan Trouson, della Monash University di Melbourne, uno dei maggiori specialisti delle tecniche di clonazione. I ricercatori hanno anche estratto, da alcuni degli embrioni clonati, cellule staminali fatte trasformare in tessuti cardiaci e nervosi. Mitalipov dice di essere riuscito a creare due linee di cellule staminali da 20 embrioni clonati. Hanno poi provato, senza successo, a impiantare circa 100 embrioni clonati nell'utero di una cinquantina di “madri surrogate”. Nel 1996, per creare la pecora Dolly, primo clone di un mammifero adulto, furono necessari 277 tentativi, cioè 277 embrioni.

Secondo Alan Trounson, il successo di Mitalipov rappresenterebbe il passo avanti lungamente atteso: nonostante numerosi tentativi, infatti, nessuno finora era riuscito a produrre embrioni clonati di primati da cellule adulte. “I risultati di Mitalipov provano quanto sia valida la teoria dei primati, secondo cui essi rispondono ai requisiti necessari. Ora è possibile prendere seriamente in considerazione la clonazione umana”.


DICHIARAZIONE DI OVIEDO

La “Dichiarazione di Oviedo” - “Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e la dignità dell'essere umano riguardo le applicazioni della biologia e della medicina2 - approvata dal Consiglio d'Europa il 4 aprile 1997 ad Oviedo nelle Asturie, rappresenta la vera e propria Carta della bioetica europea, posto che, almeno alcuni articoli (11, 13, 14, 16, 17, 19, 20 e 21), non sono passibili di restrizioni e assumono quindi carattere di veri e propri principi incondizionati. L'art. 2 sancisce il primato assoluto dell'essere umano: “L'interesse e il bene dell'essere umano devono prevalere sul solo interesse della società o della scienza” (che belle parole !).

Alcuni episodi, non ultimi quelli relativi alla legge olandese sull'eutanasia e all’autorizzazione del governo inglese a far uso nella ricerca medica di embrioni ricavati mediante tecnica di “clonazione terapeutica”, hanno mostrato come la Carta abbia ben poco valore esecutivo, e come posso tranquillamente essere bypassata, tanto non interviene nessuno.



Nella realtà dei fatti, in Europa non esiste affatto una regolamentazione comunitaria in materia. In Italia, che ha ratificato la Dichiarazione di Oviedo, la clonazione umana è vietata non da una vera e propria legge ma da un provvedimento di natura amministrativa, cioè un'ordinanza del Ministro della Sanità del 22 dicembre 1999, con cui è fatto divieto di praticare la clonazione, sia umana che animale, la clonazione a fini riproduttivi e la creazione di embrioni a scopo di ricerca. Per quanto riguarda la clonazione animale, però, il ministro della salute Girolamo Sirchia ha annunciato di voler rimuovere il divieto, per permettere ricerche sperimentali sugli embrioni diversi da quelli di uomo. In Francia esiste una legge sulla bioetica risalente al 1994, nella quale si legge che “è vietata qualsiasi forma di ricerca scientifica sull'embrione umano”.

La Francia non ha ratificato la convenzione di Oviedo in quanto ritiene la normativa nazionale più restrittiva della dichiarazione stessa. In Germania, il Paese europeo con le disposizioni più garantiste rispetto ai diritti dell'embrione umano, una legge del 1990 stabilisce che “fin dalla sua origine l'embrione umano è considerato come una persona. Fin dalle ore che seguono la fecondazione, l'embrione è intoccabile”. In Irlanda, Paese nel quale fra l'altro l'aborto procurato è ancora vietato dalla legge, la clonazione è senz'altro proibita, poiché l'embrione umano è tutelato dalla Costituzione dell’Eire, e non può quindi essere usato come una cavia di laboratorio. Spagna e Grecia, che hanno già ratificato la convenzione di Oviedo, sembrano escludere la liceità della clonazione umana. C'è poi un nutrito gruppo di nazioni europee - Belgio, Finlandia, Danimarca, Lussemburgo, Portogallo, Olanda, Svezia - che hanno firmato la Dichiarazione di Oviedo ma che non l'hanno ratificata, per cui sul loro territorio potrebbe, almeno teoricamente, avviarsi una sperimentazione sugli embrioni umani, compresa la clonazione.

In Gran Bretagna, probabilmente il Paese più permissivo in questo campo, soprattutto dopo le conclusioni della celebre commissione Warnock, con la elaborazione del concetto – per la verità assai contestato negli ambienti scientifici - di “pre-embrione” (in tutti i documenti favorevoli alla manipolazione del “pre-embrione” sono stati identificati alcuni criteri che ne giustificano la distinzione dal vero embrione, che apparirebbe magicamente dal quattordicesimo giorno di vita in poi o anche oltre, una chiara forzatura ideologica in favore della manipolazione degli embrioni, ndr). Nel gennaio del 2001, la Camera dei Lord ha dato il via libera all'utilizzo delle cellule staminali di embrioni umani a scopo di ricerca, per cui sembra che la stessa clonazione terapeutica rimarrà del tutto lecita. Mentre potrebbe essere vietata quella riproduttiva.

Negli Stati Uniti, dove si pratica la clonazione terapeutica, e dove si possono anche acquistare gatti clonati, l'amministrazione di George W. Bush si è dichiarata intenzionata a sanzionare duramente la clonazione umana, per qualsiasi scopo venga intrapresa. Il Congresso ha annunciato un provvedimento legislativo in questa direzione. Nell'estate del 2001, lo stesso Bush ha elaborato un documento sull'embrione umano, nel quale prevalgono le ragioni della tutela, soprattutto attraverso il divieto di produzione di embrioni a scopo di ricerca. Sono invece autorizzati gli studi su embrioni che siano già stati uccisi precedentemente.

In Australia, nello stato di Victoria, in seguito alla legge approvata dal parlamento federale, è stata legalizzata la clonazione di embrioni umani per la ricerca sulle cellule staminali. Il provvedimento è stato approvato dal parlamento statale, dopo che i partiti avevano dato indicazione di libero voto secondo coscienza. Possono essere utilizzati embrioni in eccedenza relativi al trattamento di fecondazione in vitro per creare staminali a scopo di ricerca medica. Il ministro della Sanità Pike ha dichiarato: “La nuova legge rafforzerà la reputazione dell'Australia come leader nella ricerca medica. Le norme di licenza sono sempre molto severe - ha precisato - e vi saranno chiari limiti etici”. La legge infatti prevede una pena di 15 anni di carcere per chi contravviene ai limiti imposti dalla legge per prevenire gli abusi. Nonostante la soddisfazione generale, il gruppo per il diritto alla vita ha accusato i parlamentari di permettere la produzione di esseri umani da essere usati a beneficio altrui, come schiavi della scienza e destinati, infine, ad essere distrutti. Secondo Margaret Tighe, il presidente del gruppo, la legge approvata è immorale e crea un precedente pericoloso.

La Spagna di Zapatero sta invece spingendo verso una legge per la “clonazione controllata” a fini terapeutici. Il governo ha approvato una bozza preliminare di un disegno di legge che include la tecnica di trasferimento dei nuclei cellulari per creare tessuti o organi da utilizzare nella terapia di malattie considerate incurabili, tecnica contro cui si è espressa la Conferenza episcopale, affermando che attenta alla la dignità della persona, autorizzata in Europa da Gran Bretagna, Svezia e Belgio, e nel mondo da Australia, Giappone, Corea, Israele e Singapore. È consentita anche negli Stati Uniti, ma senza l'impiego di fondi pubblici federali.

Data articolo: novembre 2007


http://www.ecplanet.com/print.php?id=28201&madre=8

EMBRIONI IBRIDI ANIMALI.UOMO

r.s. a cura della redazione ECplanet

Scienziati inglesi vogliono produrre embrioni ibridi animali-uomo

La Hfea, autorità inglese per la fecondazione umana e l´embriologia, ha da ieri tre mesi di tempo per decidere se rilasciare, a due diverse équipe di ricerca (una guidata da Stephen Minger, del King´s College di Londra, e l´altra da Lyle Armstrong, del North East England Stem Cell Institute di Newcastle), una licenza che autorizzi la creazione di ibridi con ovociti di vacche, conigli e capre inseminati con sperma umano. Scopo dichiarato degli esperimenti è quello di trarre cellule staminali dagli embrioni “allo 0,1 per cento animali e al 99,9 per cento umani” che ne risulterebbero, in vista di ipotetici usi terapeutici in malattie incurabili, come distrofia muscolare, morbo di Parkinson e Alzheimer.

La procedura d´urgenza scelta dai richiedenti farà sì che, se la Hfea non darà il proprio parere nei termini stabiliti, varrà il principio del silenzio-assenso. Tutto questo significa che ciò che sarebbe stato impensabile fino a poco tempo fa, e cioè la contaminazione di umano e animale nella genesi della vita (la stessa Hfea aveva giudicato inammissibile, nel 1990, la mescolanza di gameti umani e animali) risulterà avallato da un atto poco più che amministrativo, in nome del superiore interesse della ricerca. Che ha sempre molta fretta e non può aspettare, nemmeno in un campo di così evidente delicatezza, le normali procedure di discussione e di approfondimento. La creazione di chimere uomo-animale è la strada scelta dai ricercatori inglesi per sopperire alla cronica carenza di ovociti necessari alle pratiche di clonazione (cosiddetta) terapeutica, dato che sono sempre troppo scarse le donne disposte a donare i propri gameti.

Poco male se il risultato assomiglia all´incubo descritto dallo scrittore inglese H.G. Wells ne “L´isola del dottor Moreau”. Nella finzione letteraria, lo scienziato pazzo creava uomini-leone guerrieri, uomini-cane servitori e uomini-bue operai. Nella realtà dei laboratori britannici, diventerà pratica corrente fabbricare esseri con percentuali variabili di umanità, da usare come riserva di staminali. Sempre che non riesca a farsi sentire il fronte degli oppositori al progetto chimera. Ieri, l´attivista pro-life Josephine Quintavalle ha definito “aberrante” l´idea di mescolare umano e animale nell´identità genetica. “È un sentimento umano primario - ha dichiarato al Telegraph - l´idea che animali e creature umane non debbano essere mescolati”.

Fonte: Foglio.it / novembre 2006


http://www.ecplanet.com/canale/ricerca-8/Ricerca-50/clonazione+umana-/0/27430/it/ecplanet.rxdf

ESPERIMENTI CHIMERICI

Esperimenti chimerici 5

di: Alessio Mannucci

L'agenzia britannica HFEA, che circa un mese fa aveva dato il via libera ai protocolli di ricerca sui “cibridi”, gli embrioni chimera, avrebbe commissionato un sondaggio (con modalità quanto meno discutibili) prima di decidere.

La tecnica in discussione prevede l’inserimento di una cellula somatica umana all’interno del citoplasma di una cellula uovo di origine animale privata del proprio materiale genetico, contenuto nel nucleo, ma con un residuo materiale genetico animale contenuto nei mitocondri, gli organuli deputati, per semplificare, al rifornimento energetico della cellula. La cellula risultante sarebbe così dotata di un nucleo contenente DNA umano e mitocondri contenenti DNA animale e prenderebbe il nome di “cibride” (dall'inglese “cybrid”, ovvero “cytoplasmic hybrid”). Una volta sottoposto ad un processo di attivazione, esso dovrebbe iniziare la sequenza di divisione e moltiplicazione cellulare tipica di qualsiasi embrione e, se in grado di raggiungere lo stadio di blastocisti, sarebbe distrutto per estrarne cellule staminali embrionali.



Molti commentatori si sono dichiarati favorevoli a questo genere di ricerca appoggiandosi su tre argomentazioni fondamentali: le possibili cure per le più svariate patologie che da una tale ricerca potrebbero derivare, il superamento attraverso queste ricerche delle difficoltà a reperire un numero sufficiente di cellule uovo umane e il superamento del problema etico rappresentato dalla successiva distruzione di embrioni umani per ottenere cellule staminali embrionali. I cibridi, si sostiene, non avrebbero infatti alcuna possibilità di svilupparsi in un organismo completo e comunque non verrebbero mai impiantati in un utero umano, ma verrebbero distrutti prima del 14° giorno.

La bioetica nasce proprio come scienza del limite nei confronti dell'imperativo assoluto che impone di fare tutto quello che è tecnicamente possibile fare. La riflessione bioetica, in cui i medici e ricercatori sono solo una delle parti coinvolte, deve essere messa in condizioni di esercitare esercita la sua saggia azione di controllo, specie da quando la scienza è diventata invasiva e manipolativa nei confronti della vita.

La creazione di questi organismi viventi (cibridi) pone il problema dell’identità umana, cioè di che cosa ci identifica come esseri umani. La questione della presenza di componenti genetiche animali in cellule a contenuto genetico nucleare umano rimanda per certi aspetti all'uso di parti di origine animale inserite artificialmente all'interno del corpo umano (xenotrapianti) di cui la Pontificia Accademia Pro Vita si è occupata in uno specifico documento. In esso, la liceità morale, da valutare caso per caso, trovava un limite nel pericolo di un possibile salto di agenti infettivi dalla specie animale a quella umana e nella perdita o modifica dell'identità della persona attuata attraverso l'uso di xenotrapianti di gonadi o encefalo, inscindibilmente legati all'identità personale, o di organi ad elevata valenza simbolica personale. Il caso dei cibridi però si discosta da quello degli xenotrapianti, perché è ad oggi ignoto se e quanto la presenza di materiale genetico di origine animale nei mitocondri di ogni cellula influenzi e modifichi l'identità umana di questo genere di organismi. L’incertezza è tale che neppure i vari enti che in Inghilterra si sono occupati della questione hanno trovato un minimo accordo tra loro quando hanno cercato di stabilire lo statuto umano o animale dei cibridi.

Una cosa è comunque certa: negare lo statuto embrionale a tale organismi equivale a negare un'evidenza scientifica, mentre è impresa di pensiero assai ardua non estendere le obiezioni sollevate contro la clonazione umana a questo genere di sperimentazione. Le rassicurazioni circa l'assenza di qualsiasi potenzialità organogenetica e di sviluppo embrionale di questi “ibridi citoplasmatici”, lungi dal rassicurare, rappresenta nell'orizzonte scientista una nuova sfida, una nuova conquista, che una volta raggiunta potrebbe ad esempio promettere un’infinita disponibilità di organi di ricambio, perché no, dotati anche di prestazioni funzionali superiori rispetto agli originali “solamente” 100% umani.

C'è poi la questione della distruzione degli embrioni per l'ottenimento di cellule staminali embrionali. Chi nega valore personale alla vita umana embrionale in toto, non ha alcuna difficoltà a concepire la distruzione di questi embrioni. Mentre di cirmine si tratta per chi tende a riconoscere e tutelare come valore incondizionato la vita umana dal concepimento alla morte naturale.

Quale nota non secondaria, la HFEA, l'ente di controllo britannico che ha espresso parere favorevole nei confronti di due distinti protocolli di ricerca con cibridi, avrebbe fatto dipendere la propria decisione dal risultato vincolante di una serie di sondaggi rivolti alla popolazione generale costati 150.000 sterline. Il chinarsi della scienza al giudizio delle persone normali dovrebbe essere colto come segno di provvidenziale umiltà, ma per essere tale dovrebbe essere condotto in maniera metodologicamente corretta. Nel sondaggio considerato espressione del favore popolare inglese a queste ricerche, il 61% del campione si è dichiarato a favore dei lavori “che potrebbero aiutare a capire alcune malattie, per esempio il Parkinson e la malattia del motoneurone”. Ma si tratta di un modo di porre la domanda di assai dubbia correttezza, poiché amplifica il principio di speranza e cela quello di precauzione.

È assai dubbio che la maggioranza degli Inglesi si sia espressa a favore di questi esperimenti. Apprendiamo che tra il pool di sondaggi vi è anche quello in cui gli 810 partecipanti hanno fornito risposte scritte e tra questi la maggioranza (494 persone) si è espressa contro i cibridi e solo 129 a favore. Parimenti, tra gli intervenuti ad un altro meeting organizzato dall'agenzia inglese, il 47% si è dichiarato contrario contro il 38% di favorevoli. Attribuire questi risultati alla modalità di arruolamento che richiama prevalentemente i gruppi maggiormente interessati al tema (pro o contro), non giustifica la pratica di enucleare coloro che sono in qualche modo favorevoli alla ricerca sugli embrioni per dimostrare che tra costoro il 60% è favorevole alla creazione di ibridi citoplasmatici. All'interno del gruppo randomizzato costituito da sole 44 persone, di risibile ampiezza statistica, la distribuzione iniziale di 18 favorevoli alla sperimentazione, 13 contrari e 13 neutrali, con una “frequente reazione d'istintiva repulsione”, è cambiata in 27 favorevoli e 5 contrari, ma questo solo dopo “avere fornito complete spiegazioni sulla natura e gli scopi del lavoro”.

Si tratta di un chiaro scorretto intervento sul campione, non compensato dalla presenza di informazioni chiare sui pericoli e sulla probabile fallibilità del progetto.


Data articolo: ottobre 2007
Fonte: pillole.org

Esperimenti chimerici 5

di: Alessio Mannucci

L'agenzia britannica HFEA, che circa un mese fa aveva dato il via libera ai protocolli di ricerca sui “cibridi”, gli embrioni chimera, avrebbe commissionato un sondaggio (con modalità quanto meno discutibili) prima di decidere.

La tecnica in discussione prevede l’inserimento di una cellula somatica umana all’interno del citoplasma di una cellula uovo di origine animale privata del proprio materiale genetico, contenuto nel nucleo, ma con un residuo materiale genetico animale contenuto nei mitocondri, gli organuli deputati, per semplificare, al rifornimento energetico della cellula. La cellula risultante sarebbe così dotata di un nucleo contenente DNA umano e mitocondri contenenti DNA animale e prenderebbe il nome di “cibride” (dall'inglese “cybrid”, ovvero “cytoplasmic hybrid”). Una volta sottoposto ad un processo di attivazione, esso dovrebbe iniziare la sequenza di divisione e moltiplicazione cellulare tipica di qualsiasi embrione e, se in grado di raggiungere lo stadio di blastocisti, sarebbe distrutto per estrarne cellule staminali embrionali.



Molti commentatori si sono dichiarati favorevoli a questo genere di ricerca appoggiandosi su tre argomentazioni fondamentali: le possibili cure per le più svariate patologie che da una tale ricerca potrebbero derivare, il superamento attraverso queste ricerche delle difficoltà a reperire un numero sufficiente di cellule uovo umane e il superamento del problema etico rappresentato dalla successiva distruzione di embrioni umani per ottenere cellule staminali embrionali. I cibridi, si sostiene, non avrebbero infatti alcuna possibilità di svilupparsi in un organismo completo e comunque non verrebbero mai impiantati in un utero umano, ma verrebbero distrutti prima del 14° giorno.

La bioetica nasce proprio come scienza del limite nei confronti dell'imperativo assoluto che impone di fare tutto quello che è tecnicamente possibile fare. La riflessione bioetica, in cui i medici e ricercatori sono solo una delle parti coinvolte, deve essere messa in condizioni di esercitare esercita la sua saggia azione di controllo, specie da quando la scienza è diventata invasiva e manipolativa nei confronti della vita.

La creazione di questi organismi viventi (cibridi) pone il problema dell’identità umana, cioè di che cosa ci identifica come esseri umani. La questione della presenza di componenti genetiche animali in cellule a contenuto genetico nucleare umano rimanda per certi aspetti all'uso di parti di origine animale inserite artificialmente all'interno del corpo umano (xenotrapianti) di cui la Pontificia Accademia Pro Vita si è occupata in uno specifico documento. In esso, la liceità morale, da valutare caso per caso, trovava un limite nel pericolo di un possibile salto di agenti infettivi dalla specie animale a quella umana e nella perdita o modifica dell'identità della persona attuata attraverso l'uso di xenotrapianti di gonadi o encefalo, inscindibilmente legati all'identità personale, o di organi ad elevata valenza simbolica personale. Il caso dei cibridi però si discosta da quello degli xenotrapianti, perché è ad oggi ignoto se e quanto la presenza di materiale genetico di origine animale nei mitocondri di ogni cellula influenzi e modifichi l'identità umana di questo genere di organismi. L’incertezza è tale che neppure i vari enti che in Inghilterra si sono occupati della questione hanno trovato un minimo accordo tra loro quando hanno cercato di stabilire lo statuto umano o animale dei cibridi.

Una cosa è comunque certa: negare lo statuto embrionale a tale organismi equivale a negare un'evidenza scientifica, mentre è impresa di pensiero assai ardua non estendere le obiezioni sollevate contro la clonazione umana a questo genere di sperimentazione. Le rassicurazioni circa l'assenza di qualsiasi potenzialità organogenetica e di sviluppo embrionale di questi “ibridi citoplasmatici”, lungi dal rassicurare, rappresenta nell'orizzonte scientista una nuova sfida, una nuova conquista, che una volta raggiunta potrebbe ad esempio promettere un’infinita disponibilità di organi di ricambio, perché no, dotati anche di prestazioni funzionali superiori rispetto agli originali “solamente” 100% umani.

C'è poi la questione della distruzione degli embrioni per l'ottenimento di cellule staminali embrionali. Chi nega valore personale alla vita umana embrionale in toto, non ha alcuna difficoltà a concepire la distruzione di questi embrioni. Mentre di cirmine si tratta per chi tende a riconoscere e tutelare come valore incondizionato la vita umana dal concepimento alla morte naturale.

Quale nota non secondaria, la HFEA, l'ente di controllo britannico che ha espresso parere favorevole nei confronti di due distinti protocolli di ricerca con cibridi, avrebbe fatto dipendere la propria decisione dal risultato vincolante di una serie di sondaggi rivolti alla popolazione generale costati 150.000 sterline. Il chinarsi della scienza al giudizio delle persone normali dovrebbe essere colto come segno di provvidenziale umiltà, ma per essere tale dovrebbe essere condotto in maniera metodologicamente corretta. Nel sondaggio considerato espressione del favore popolare inglese a queste ricerche, il 61% del campione si è dichiarato a favore dei lavori “che potrebbero aiutare a capire alcune malattie, per esempio il Parkinson e la malattia del motoneurone”. Ma si tratta di un modo di porre la domanda di assai dubbia correttezza, poiché amplifica il principio di speranza e cela quello di precauzione.

È assai dubbio che la maggioranza degli Inglesi si sia espressa a favore di questi esperimenti. Apprendiamo che tra il pool di sondaggi vi è anche quello in cui gli 810 partecipanti hanno fornito risposte scritte e tra questi la maggioranza (494 persone) si è espressa contro i cibridi e solo 129 a favore. Parimenti, tra gli intervenuti ad un altro meeting organizzato dall'agenzia inglese, il 47% si è dichiarato contrario contro il 38% di favorevoli. Attribuire questi risultati alla modalità di arruolamento che richiama prevalentemente i gruppi maggiormente interessati al tema (pro o contro), non giustifica la pratica di enucleare coloro che sono in qualche modo favorevoli alla ricerca sugli embrioni per dimostrare che tra costoro il 60% è favorevole alla creazione di ibridi citoplasmatici. All'interno del gruppo randomizzato costituito da sole 44 persone, di risibile ampiezza statistica, la distribuzione iniziale di 18 favorevoli alla sperimentazione, 13 contrari e 13 neutrali, con una “frequente reazione d'istintiva repulsione”, è cambiata in 27 favorevoli e 5 contrari, ma questo solo dopo “avere fornito complete spiegazioni sulla natura e gli scopi del lavoro”.

Si tratta di un chiaro scorretto intervento sul campione, non compensato dalla presenza di informazioni chiare sui pericoli e sulla probabile fallibilità del progetto.


Data articolo: ottobre 2007
Fonte: pillole.org

Esperimenti chimerici 5

di: Alessio Mannucci

L'agenzia britannica HFEA, che circa un mese fa aveva dato il via libera ai protocolli di ricerca sui “cibridi”, gli embrioni chimera, avrebbe commissionato un sondaggio (con modalità quanto meno discutibili) prima di decidere.

La tecnica in discussione prevede l’inserimento di una cellula somatica umana all’interno del citoplasma di una cellula uovo di origine animale privata del proprio materiale genetico, contenuto nel nucleo, ma con un residuo materiale genetico animale contenuto nei mitocondri, gli organuli deputati, per semplificare, al rifornimento energetico della cellula. La cellula risultante sarebbe così dotata di un nucleo contenente DNA umano e mitocondri contenenti DNA animale e prenderebbe il nome di “cibride” (dall'inglese “cybrid”, ovvero “cytoplasmic hybrid”). Una volta sottoposto ad un processo di attivazione, esso dovrebbe iniziare la sequenza di divisione e moltiplicazione cellulare tipica di qualsiasi embrione e, se in grado di raggiungere lo stadio di blastocisti, sarebbe distrutto per estrarne cellule staminali embrionali.



Molti commentatori si sono dichiarati favorevoli a questo genere di ricerca appoggiandosi su tre argomentazioni fondamentali: le possibili cure per le più svariate patologie che da una tale ricerca potrebbero derivare, il superamento attraverso queste ricerche delle difficoltà a reperire un numero sufficiente di cellule uovo umane e il superamento del problema etico rappresentato dalla successiva distruzione di embrioni umani per ottenere cellule staminali embrionali. I cibridi, si sostiene, non avrebbero infatti alcuna possibilità di svilupparsi in un organismo completo e comunque non verrebbero mai impiantati in un utero umano, ma verrebbero distrutti prima del 14° giorno.

La bioetica nasce proprio come scienza del limite nei confronti dell'imperativo assoluto che impone di fare tutto quello che è tecnicamente possibile fare. La riflessione bioetica, in cui i medici e ricercatori sono solo una delle parti coinvolte, deve essere messa in condizioni di esercitare esercita la sua saggia azione di controllo, specie da quando la scienza è diventata invasiva e manipolativa nei confronti della vita.

La creazione di questi organismi viventi (cibridi) pone il problema dell’identità umana, cioè di che cosa ci identifica come esseri umani. La questione della presenza di componenti genetiche animali in cellule a contenuto genetico nucleare umano rimanda per certi aspetti all'uso di parti di origine animale inserite artificialmente all'interno del corpo umano (xenotrapianti) di cui la Pontificia Accademia Pro Vita si è occupata in uno specifico documento. In esso, la liceità morale, da valutare caso per caso, trovava un limite nel pericolo di un possibile salto di agenti infettivi dalla specie animale a quella umana e nella perdita o modifica dell'identità della persona attuata attraverso l'uso di xenotrapianti di gonadi o encefalo, inscindibilmente legati all'identità personale, o di organi ad elevata valenza simbolica personale. Il caso dei cibridi però si discosta da quello degli xenotrapianti, perché è ad oggi ignoto se e quanto la presenza di materiale genetico di origine animale nei mitocondri di ogni cellula influenzi e modifichi l'identità umana di questo genere di organismi. L’incertezza è tale che neppure i vari enti che in Inghilterra si sono occupati della questione hanno trovato un minimo accordo tra loro quando hanno cercato di stabilire lo statuto umano o animale dei cibridi.

Una cosa è comunque certa: negare lo statuto embrionale a tale organismi equivale a negare un'evidenza scientifica, mentre è impresa di pensiero assai ardua non estendere le obiezioni sollevate contro la clonazione umana a questo genere di sperimentazione. Le rassicurazioni circa l'assenza di qualsiasi potenzialità organogenetica e di sviluppo embrionale di questi “ibridi citoplasmatici”, lungi dal rassicurare, rappresenta nell'orizzonte scientista una nuova sfida, una nuova conquista, che una volta raggiunta potrebbe ad esempio promettere un’infinita disponibilità di organi di ricambio, perché no, dotati anche di prestazioni funzionali superiori rispetto agli originali “solamente” 100% umani.

C'è poi la questione della distruzione degli embrioni per l'ottenimento di cellule staminali embrionali. Chi nega valore personale alla vita umana embrionale in toto, non ha alcuna difficoltà a concepire la distruzione di questi embrioni. Mentre di cirmine si tratta per chi tende a riconoscere e tutelare come valore incondizionato la vita umana dal concepimento alla morte naturale.

Quale nota non secondaria, la HFEA, l'ente di controllo britannico che ha espresso parere favorevole nei confronti di due distinti protocolli di ricerca con cibridi, avrebbe fatto dipendere la propria decisione dal risultato vincolante di una serie di sondaggi rivolti alla popolazione generale costati 150.000 sterline. Il chinarsi della scienza al giudizio delle persone normali dovrebbe essere colto come segno di provvidenziale umiltà, ma per essere tale dovrebbe essere condotto in maniera metodologicamente corretta. Nel sondaggio considerato espressione del favore popolare inglese a queste ricerche, il 61% del campione si è dichiarato a favore dei lavori “che potrebbero aiutare a capire alcune malattie, per esempio il Parkinson e la malattia del motoneurone”. Ma si tratta di un modo di porre la domanda di assai dubbia correttezza, poiché amplifica il principio di speranza e cela quello di precauzione.

È assai dubbio che la maggioranza degli Inglesi si sia espressa a favore di questi esperimenti. Apprendiamo che tra il pool di sondaggi vi è anche quello in cui gli 810 partecipanti hanno fornito risposte scritte e tra questi la maggioranza (494 persone) si è espressa contro i cibridi e solo 129 a favore. Parimenti, tra gli intervenuti ad un altro meeting organizzato dall'agenzia inglese, il 47% si è dichiarato contrario contro il 38% di favorevoli. Attribuire questi risultati alla modalità di arruolamento che richiama prevalentemente i gruppi maggiormente interessati al tema (pro o contro), non giustifica la pratica di enucleare coloro che sono in qualche modo favorevoli alla ricerca sugli embrioni per dimostrare che tra costoro il 60% è favorevole alla creazione di ibridi citoplasmatici. All'interno del gruppo randomizzato costituito da sole 44 persone, di risibile ampiezza statistica, la distribuzione iniziale di 18 favorevoli alla sperimentazione, 13 contrari e 13 neutrali, con una “frequente reazione d'istintiva repulsione”, è cambiata in 27 favorevoli e 5 contrari, ma questo solo dopo “avere fornito complete spiegazioni sulla natura e gli scopi del lavoro”.

Si tratta di un chiaro scorretto intervento sul campione, non compensato dalla presenza di informazioni chiare sui pericoli e sulla probabile fallibilità del progetto.


Data articolo: ottobre 2007
Fonte: pillole.org

http://www.ecplanet.com/canale/ricerca-8/Ricerca-50/clonazione+umana-/20/34325/it/ecplanet.rxdf

EMBRIONE UOMO-CONIGLIO

L'uomo-coniglio

di: Alessio Mannucci

Ricercatori britannici intendono chiedere l'autorizzazione per un esperimento che dovrebbe servire ad approfondire la conoscenza delle disfunzioni genetiche: creare in laboratorio un embrione uomo-coniglio, ottenuto da cellule umane e ovuli dell'animale. Una fusione trans-genetica che aiuterebbe la comprensione del complesso meccanismo che sta alla base di alcune malattie oggi incurabili.

Contro la proposta del professor Chris Shaw, neurologo al King's College di Londra, e del professor Ian Wilmut, il creatore della pecora clonata Dolly, si sono immediatamente scatenate le associazioni bioetiche che hanno definito “ripugnante” l'esperimento. L'embrione uomo-coniglio, argomentano gli scienziati, sarebbe indispensabile per ovviare al problema della cronica mancanza di ovuli umani. “La fertilità dei conigli è leggendaria - ha commentato il dottor Shaw - le uova di questi animali hanno molte più possibilità di generare cellule staminali”.

Producendo in laboratorio cellule staminali modificate affinché sviluppino quelle malattie di origine genetica che possono attaccare anche gli uomini, i ricercatori britannici si dicono sicuri di comprendere la dinamica molecolare che danneggia irreparabilmente le stesse cellule, e di riuscire ad individuare una cura adeguata.

La ricerca finora è stata sensibilmente rallentata dalla scarsità di ovuli “cavie” disponibili. Per ottenere il via libera da parte della i ricercatori dovranno dimostrare che la sperimentazione è indispensabile oltre che auspicabile; inoltre dovranno garantire che lo sviluppo dell'embrione non supererà le due settimane di vita, né tanto meno verrà impiantato in una donna (non sarà questo il vero programma ?).

Non è comunque la prima volta che la scienza ricorre all'utilizzo di ovuli di conigli per fini di laboratorio: già nel 2003 la dottoressa Huizhen Sheng della Scuola di Medicina di Shanghai aveva annunciato la creazione di cellule staminali prodotte seguendo il medesimo principio.

La fabbricazione di embrioni ibridi si basa sulla tecnica di fusione di cellule della pelle umana con ovuli di coniglio. Gli embrioni, che avranno una piccola percentuale di Dna animale, vengono quindi lasciati crescere in provetta per alcuni giorni prima di essere distrutti per ricavarne cellule staminali ed esaminare il difetto genetico che contengono. “Non supereranno mai le 200 cellule non avranno alcuna caratteristica umana”, ha enfatizzato Shaw.

In disaccordo Jospehine Quintavalle, dell'organizzazione Comment on Reproductive Ethics, che parla di “ripugnanza”: “La mia domanda è, cosa creeranno ?” semplicistico o volutamente ingannevole dire che stanno semplicemente creando cellule staminali. Per farlo, devono necessariamente arrivare alla fase in cui l'embrione è un blastocisti, devono creare un organismo vivente da cui trarre le nuove cellule. “Dev'essere per forza umano, per essere utile ai ricercatori".
http://www.ecplanet.com/canale/ricerca-8/Ricerca-50/embrioni-/20/22120/it/ecplanet.rxdf

COMMERCIO DI EMBRIONI

Commercio di embrioni

di: Alessio Mannucci



CLONATI EMBRIONI UMANI

Un'azienda californiana, la Stemagen di La Jolla, ha clonato cinque embrioni umani (lo studio è stato pubblicato sulla rivista specializzata Stem Cells). “Nessun altro gruppo era mai riuscito a far sviluppare tanto gli embrioni, né ha descritto con tanta precisione la tecnica usata”, dice il capo dell'équipe californiana, Andrew French.



Il gruppo californiano di French, per ottenere i 5 embrioni, ha prelevato 25 ovuli da 3 donne, sostituendo il loro nucleo originale con quello di altrettante cellule della pelle (nel 2005, un'équipe inglese aveva usato il nucleo di una staminale anziché di una cellula adulta). Per la prima volta è stato dimostrato che il trasferimento nucleare da cellule somatiche (SCNT) può creare embrioni umani al livello di blastocisti da cellule adulte differenziate. La possibilità di generare cellule staminali dal DNA è considerata una grande promessa terapeutica per il trattamento di malattie degenerative come il Parkinson e l'Alzheimer.

La notizia non è stata però accolta con grande entusiasmo dalla comunità scientifica. “Ormai abbiamo trovato altre vie per ottenere cellule staminali embrionali”, dice Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell'Istituto di Genetica Mendel a Roma, “alcuni esperimenti sono riusciti a far tornare bambine delle cellule adulte. Degli embrioni clonati non si sente più il bisogno”. L'esperimento a cui si riferisce Dallapiccola è dello scorso novembre, condotto all'università di Kyoto da Shinya Yamanaka, che è riuscito a far regredire una cellula adulta della pelle ai suoi stadi iniziali di sviluppo.



“Inoltre, ottenere un embrione non basta”, continua Dallapiccola, “non è detto che il clone sia in grado di fornire staminali”. E in effetti, gli embrioni creati in California sono andati distrutti dopo 5 giorni durante gli esami cui gli scienziati li hanno sottoposti.

EMBRIONI CHIMERA

Aveva già suscitato clamore e scandalo nel settembre scorso l'annuncio della sperimentazione dello scienziato Stephen Minger. L'accusa più diffusa era quella di voler creare mostruosi ibridi uomo-animaleda usare a piacimento per interessi economici, e poi destinati alla distruzione. Poi il silenzio, calato in attesa del via libera definitivo dall'Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA) britannica. Che è arrivato. «Sono davvero molto soddisfatto», ha dichiarato Minger. Saranno due, come annunciato, i centri autorizzati a creare gli embrioni chimera: il King’s College di Londra e l’Università di Newcastle. Come previsto dal protocollo di ricerca, sulla base del quale le due strutture potranno iniziare a eseguire le loro sperimentazioni, gli embrioni ibridi creati per estrarre le staminali verranno distrutti entro il 14° giorno di vita. E mai inseriti all'interno di un utero.



I ricercatori daranno dunque vita, legalmente, a embrioni chimerici inserendo il nucleo di una cellula umana nell'ovocita animale svuotato quasi completamente del suo patrimonio genetico. Gli embrioni sarebbero così per il 99, 9% umani e per lo 0,1% animali. L'utilizzo degli ovuli animali è volto a risolvere il problema della scarsità di ovuli umani per tentare di ottenere staminali, le cellule totipotenti in gradi di trasformarsi in qualsiasi tessuto umano. L'equipe di Stephen Minger del Kings College si concentrerà sulle malattie genetiche degnrative come l'Alzheimer e il Parkinson. I colleghi di Newcastle, guidati da Lyle Amstrong, cercheranno di capire i meccanismi ancora segreti delle staminali, ossia come riescano a mutare in qualsiasi tessuto.

Data articolo: febbraio 2008

http://www.ecplanet.com/canale/scienza-1/genomica-142/1/0/36965/it/ecplanet.rxdf

martedì 5 febbraio 2008

PROCREAZIONE ASSISTITA:EMBRIONI ELIMINATI?

PROCREAZIONE ASSISTITA: EMBRIONI ELIMINATI?
Il ragionamento che fa - non senza intuire quanto dirompenti possano essere le sue conclusioni - è sconcertante nella sua linearità. Prima della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (PMA), ragiona Claudio Giorlandino, con tutti i criticatissimi limiti che impone ai medici:
avevo delle percentuali di gravidanze per ogni ciclo di inseminazione in linea con il resto del mondo. Queste percentuali si sono abbassate drasticamente subito dopo l'approvazione della legge. Oggi, però, sono risalite misteriosamente e i numeri sono gli stessi del periodo antecedente la legge. E allora, o siamo molto, molto più bravi dei nostri colleghi stranieri, che non hanno limiti imposti da una legge, e per avere tre embrioni possono fecondare anche dodici ovociti, conservando quelli che non impiantano, oppure da noi la legge viene trasgredita. Difatti è impossibile che si riescano ad avere tre embrioni fecondando solo tre ovociti, considerato anche l'aumento che si sta registrando di gravidanze trigemine- .

I medici, dunque, trasgredirebbero la legge. Una sorta di "disobbedienza" non dichiarata. Questa è l'ipotesi che, numeri alla mano, sembra la più probabile. E se è difficile trovare qualcuno che lo ammetta - o lo denunci, come fa Giorlandino, che della legge chiede una modifica - ai congressi dei medici che si occupano di fecondazione assistita non si parla d'altro. - Se prima della legge fertilizzavo tre ovociti, perché ne avevo solo tre di buona qualità -, ipotizza Giorlandino, carta e penna alla mano,- avevo una percentuale di gravidanze tra il 3 e il 5 per cento. In linea con gli altri paesi-.

Come è noto, questa percentuale è legata soprattutto all'età della donna, variabile da cui dipende anche la percentuale di abortività dopo che l'embrione è stato impiantato.
- Oggi, però- , continua il presidente del Forum delle Associazioni di genetica e Riproduzione, -ne posso fertilizzare solo tre, perché così impone la legge, e ottengo il 25 per cento di gravidanze. I dati non collimano-.
Ma il punto numero due porta a riflessioni ben più amare:
- Se vengono fertilizzati, come io penso, più di tre ovociti-, continua a ragionare Giorlandino, - e ottengo più di 3 embrioni, che fine fanno quelli che non impianto, considerato che la legge mi vieta di conservarli per cicli successivi?-.
Anche in questo caso ci sono due possibile risposte: o gli embrioni vengono congelati lo stesso e dunque conservati violando la legge o peggio ancora - ragiona il ginecologo - vengono buttati, nei lavandini dei laboratori, per evitare che qualcuno possa scoprirli e denunciare il medico che li ha conservati. Anche se è difficile che un carabiniere dei Nas possa scongelare - e dunque distruggere - il contenuto di intere provette per verificarne la rispondenza alla legge. Un'ipotesi, quella della distruzione degli embrioni,"eticamente inaccettabile, che va ben al di là del sospetto di trasgressione della legge dell'intera categoria-.
Del resto, uno dei punti di polemica prima dell'approvazione della legge era proprio il problema degli embrioni congelati "abbandonati".
- Un falso problema, poiché le donne che ricorrono alla Pma non abbandonano i loro embrioni - continua il ginecologo, -e infatti dei duecentomila embrioni congelati che alcuni ipotizzavano ci fossero, in realtà ne sono stati trovati un migliaio. Solo lo 0,2 per cento delle donne che ricorre a Fivet abbandona l'embrione, tutte le altre lo hanno richiesto per avere un secondo figlio-.

Ma perché bisogna congelare embrioni e non ovociti?
- Perché i risultati con gli ovociti non ci sono,- conclude Giorlandino, -la letteratura scientifica dice che la percentuale di gravidanze è praticamente zero: vorrei capire perché siamo gli unici al mondo a dire il contrario. Comunque, anche prima della legge molti gruppi in Italia, compreso il nostro, avevano deciso di abbandonare il congelamento degli embrioni per passare a quello dei pre-embrioni, cioè di quel momento in cui c'è stata fecondazione ma i patrimoni genetici non si sono ancora fusi. Come i tedeschi, siamo convinti che quel processo dia risultati migliori. E in termini stretti, né la legge né le linee guida vietano il congelamento dei pre-embrioni, cioè di quella fase antecedente a quella che il Tar del Lazio nella pronuncia dello scorso anno, definisce embrione. Nell'incertezza, però, nessuno ritiene prudente congelarli-.

Repubblica/Salute – 30 marzo 2006
Elvira Naselli

PROF. CLAUDIO GIORLANDINO
Ginecologo, è presidente del Forum delle Associazioni di genetica e Riproduzione – ForAGeR- e della Società Italiana di Diagnosi Prenatale e Medicina materno-fetale –SIDIP -.
Autore di oltre 200 pubblicazioni in medicina materno fetale e della riproduzione, insegna presso le scuole di specializzazione in Ostetricia e Ginecologia di Ancona, Perugia, Chieti, Catania.
Nel 2002 è stato nominato presidente de Gruppo di studio sulla Maternità presso il ministero delle Pari Opportunità.



http://www.mettilbecco.it/articolo.asp?id=1140

DALLA PROVETTA ALLA CULLA

Dalla provetta alla culla, una corsa a ostacoli


La fecondazione artificiale in vitro (Fiv), come ogni procedimento scientifico, procede per ipotesi, tentativi, prove e riprove. I medici che la praticano utilizzano tabelle in cui segnano successi e insuccessi. Avviene esattamente come al buon Galilei, che faceva rotolare la pallina di ferro sul piano inclinato per capire cosa sarebbe successo.

L’unica differenza è che in questo caso l’uomo da fine dell’esperimento diviene mezzo: non è più l’uomo che sperimenta sulla natura, ma l’uomo che sperimenta su un altro uomo. Non è più solo la pallina che può ammaccarsi, ma l’embrione su cui si manipola, la donna sottoposta a trattamenti di cui non si conoscono gli effetti, l’eventuale nascituro, chiamato a essere terapia per il dolore di altri. È per questo che, dopo ben trent’anni, non vi sono ancora regole scientifiche nel vero senso della parola. Non esiste cioè la formula per "fare" artificialmente bambini, ma esistono mille modalità, più o meno soddisfacenti, più o meno innocue, più o meno originali; più o meno care, a seconda del prestigio e della bravura dei medici del centro in questione.



Per fare un esempio, basti pensare alla crioconservazione del seme, cioè il suo congelamento. Per gran parte dell’opinione pubblica si tratta di una questione semplicissima, banale: sappiamo crioconservare, bisogna stabilire soltanto se è morale o non lo è. Invece non è assolutamente così! Il seme congelato è soggetto a degrado biologico, tanto che «è meno attivo, sul piano della capacità di fertilizzazione, del seme normale» (Carlo Flamigni, «La procreazione assistita», il Mulino, 2002). Nessuno inoltre ne conosce la data di scadenza. Essa varia dai due anni della legge austriaca ai dieci di quella inglese. Occorre provare. Così un medico inglese ha ritenuto che fosse lecito inseminare una donna con seme congelato da ben 21 anni, per vedere se "funzionava": solo tra un po’ di anni sapremo con quali risultati («la Repubblica», 25 maggio 2004).

Anche riguardo al congelamento degli ovociti si aprono mille perplessità. Alcune legislazioni lo vietano, dal momento che i più ritengono difficile scongelarli mantenendoli vivi e biologicamente integri. Ma non manca chi vi ricorre, specie in Italia, senza alcuna certezza. Un dispaccio Ansa del 13 settembre 2004 avverte della nascita di tredici bambini con questa tecnica (unico frutto da ben 737 ovociti congelati). Si dice anche che «gli esperti intendono continuare gli studi per assicurare che la complessa procedura non causi anormalità genetiche nei feti». A ciò si aggiunga che gli ovociti di cui si parla non sono quelli prodotti dalla donna naturalmente, ma vengono ottenuti con un bombardamento ormonale detto iperstimolazione ovarica: presentano quindi già in origine una rilevante presenza di alterazioni genetiche.
Possiamo fare un discorso simile anche per il congelamento degli embrioni: quanto resistono in quei terribili contenitori di ghiaccio? Nessuno lo sa con precisione: per gli svedesi un anno, per gli austriaci due, per gli inglesi massimo cinque, mentre in alcuni Stati non vi è alcun limite... L’unica cosa che si sa è che nella fase di scongelamento dal 30 al 50% degli embrioni muoiono, mentre altri rimangono danneggiati. Bisogna allora ricorrere a una manipolazione che rimuova «i blastomeri danneggiati ripristinando almeno parzialmente il precedente potenziale di sviluppo» (dal sito del centro di Fiv «Tecnobios»). Cosa nascerà da embrioni congelati, scongelati, e infine manipolati a quel modo? Ma anche: fino a che punto possono arrivare le manipolazioni? Sappiamo infatti che il dottor Carl Wood, il primo medico a far nascere un bambino da un embrione crioconservato, in Australia nel 1984, caldeggiava «la possibilità di influenzare geneticamente le caratteristiche psicofisiche dei neonati, eliminando ad esempio l’istinto maschile dell’aggressività mediante iniezioni di ormoni femminili negli embrioni maschili».

E ancora: quanti embrioni impiantare nell’utero di una donna? Anche qui le posizioni più diverse. Chi ne impianta tanti, per avere maggior possibilità di successo; chi uno solo, con meno probabilità di ottenere il figlio sperato, ma anche senza il rischio di parti multipli, pericolosi sia per la vita della madre che per la salute dei nascituri. In Italia, prima della legge 40, si potevano impiantare embrioni a piacere, causando anche parti di otto gemelli: molti, se non quasi tutti, andavano incontro alla morte, mentre per gli altri vi era il forte rischio di deficit fisici e/o mentali. Oggi se ne possono impiantare non più di tre, ma i radicali e i loro alleati vogliono alzare questo limite massimo. In Belgio e in Svezia invece i medici propendono per lo più per un solo embrione; in Russia «solo due al massimo tre» («la Repubblica», 22 maggio 2004); in Germania, per legge, non più di tre, benché l’Ordine dei medici consigli un massimo di due, «anche a discapito di una maggior possibilità di successo, onde prevenire i disagi sia di salute sia socio-psicologici che una gravidanza plurigemellare può creare al nascituro e alla famiglia» («Il Foglio», 2 febbraio 2005)...
Potremmo continuare interrogandoci sul medium di coltura della provetta: come è fatto? Quale è la formula che permette che esso sia in grado di ricreare per l’embrione l’ambiente naturale della tuba, così essenziale per un suo sano sviluppo? Anche qui nulla di certo. Scrive Carlo Flamigni, il "maestro" italiano della Fiv: «I terreni di coltura adatti all’incontro tra gameti, frutto, un tempo, delle sudate fatiche dei biologi all’interno dei singoli laboratori, si trovano oggi in commercio, con caratteristiche ogni anno in via di miglioramento» (op.cit., p.41). La rivista «Le Scienze», edizione italiana di «Scientific American», (settembre 2004), aggiunge: «La composizione del medium di coltura potrebbe non essere ancora perfetta e provocare un cambiamento nell’espressione dei geni».

Intanto si esperimenta: sulla durata del seme; sulla vitalità e la qualità degli ovociti e degli embrioni scongelati; sul numero di embrioni da impiantare... tutto sulla pelle delle donne e dei nascituri! Ma non finisce qui: vi sono una gran quantità di altre sperimentazioni. In America, ad esempio, si è tentata la fusione di due ovuli femminili per creare una sorta di superovulo (transfer citoplasmatico): sono stati "prodotti", con questa modalità, ben 30 bambini, dopo di che tale modalità è stata vietata perché nociva («Le Scienze», cit.; «la Repubblica», 4 febbraio ’99). In Giappone e in Italia si è provato a portare a maturazione il seme maschile nei testicoli di topo: ora la pratica sembra abbandonata («Corriere della Sera», 3/2/’99).

Dopo questa introduzione si comprende facilmente come i rischi per i nati da fecondazione artificiale possano essere davvero notevoli. La stampa ha portato alla luce fatti sconvolgenti, come quello del bambino di Chiavari nato down, con due gravissime malformazioni al cuore e allo stomaco, dopo diagnosi pre-impianto e fecondazione artificiale («la Repubblica», 19 settembre 2004). Il già citato dottor Flamigni, entusiasta sostenitore della Fiv in tutte le sue forme, ammette: «Resta il dubbio relativo alla possibile comparsa di una anomalia tardiva – e pensiamo soprattutto a malattie di tipo degenerativo, riguardanti il sistema nervoso e i muscoli –, dubbio che riguarda anche i nati da Fivet, il più vecchio dei quali non ha ancora compiuto 24 anni... Solo il tempo potrà chiarire (certamente non a me, che ho già 68 anni) questo mistero». E aggiunge: «Alcune di queste tecniche potrebbero essere causa di malconformazioni nei bambini con vari meccanismi: cito, ad esempio, la fecondazione da parte di spermatozoi atipici, gli effetti citotossici e teratogeni di alcuni reagenti e di varie manipolazioni. Sembra dunque giustificato il timore di un aumento delle malconformazioni fetali» (op.cit., pp.54 e 74).

Persino il segretario dei Radicali, Daniele Capezzone, in una intervista, si è lasciato sfuggire qualcosa, pur con la solita ambiguità: «Pensiamo all’obbligo di impianto dei tre embrioni stabilito a prescindere dall’età della donna, con rischio di parti gemellari e possibilità maggiori di produrre handicap nei nati» («Il Foglio», 23 settembre 2004). Capezzone, cioè, sostiene che il rischio handicap sarebbe imputabile all’impianto di più di un embrione, in questo caso di tre: ma, come si è già detto, è proprio lui col suo partito a voler alzare ancora questo tetto massimo, già di per sé inaccettabile invece, non solo per un cattolico, facendo così aumentare la percentuale di rischio!

Nel nostro Paese in realtà non esistono studi attendibili sulla vera consistenza dei rischi in cui incorrono i bambini concepiti artificialmente. Non così in alcuni Paesi esteri: la ginecologa Patrizia Vergani afferma che dal 2002 al 2004 ben 19 articoli, di cui tre su «Lancet» e 2 sul «New England Journal of Medicine», hanno segnalato la pericolosità della Fiv. L’autorevolissima rivista «Lancet» per esempio suggerisce che «i bambini nati con Icsi potrebbero soffrire di ritardi nello sviluppo» («Panorama», 26 luglio 2001); sottolinea inoltre l’alta percentuale di paresi cerebrali, ritardo mentale, disturbi del comportamento nei nati da Fiv (Stromberg B. et al., «Neurological sequelae in children born after in-vitro fertilisation: a population-based study», «Lancet» 2002; 359:461-5).

Per fare un altro esempio Emily Niemitz, della John Hopkins University of Medicine di Baltimora, e Michael De Baun, della Washington University School of Medicine di St. Louis, hanno esaminato un archivio contenente i dati clinici di pazienti affetti dalla sindrome di Beckwith-Wiedemann (Bws), una malattia dovuta all’iper-accrescimento di vari tessuti, associata a sordità, lieve ritardo mentale e tendenza allo sviluppo di tumori. I risultati hanno indicato che la sindrome era sei volte più probabile nei bambini nati con la Fiv (fonte: www.Italiasalute.it). In Australia invece sono stati analizzati da alcune ricercatrici più di 1.000 bambini concepiti artificialmente, «scoprendo che circa il nove per cento di essi soffriva di almeno una malformazione congenita grave rilevabile a un anno di età, a confronto con un 4,5 per cento tra i bambini concepiti naturalmente... Altri autori hanno rilevato nei nati con fecondazione assistita una prevalenza statisticamente significativa di difetti del tubo neurale, di atresia dell’esofago, e di malformazioni cardiache» («Le Scienze», op. cit.).

L’elenco potrebbe continuare a lungo, ma mi limito a rimandare all’ottimo libretto di Giorgio Maria Carbone, «La fecondazione extracorporea» (Esd, 5 euro). È bene però concludere lasciando la parola ad altri esperti del settore, e cioè a quanto scritto nei consensi informati di due centri di fecondazione artificiale italiani. Ebbene il consenso informato del centro Sismer di Bologna, uno dei più famosi in Italia, afferma al punto 12: «Qualora si instauri una gravidanza trigemellare (nel 7% dei casi, ndr) esiste un aumentato rischio che ciascuno dei gemelli abbia deficit fisici e/o mentali». E al punto 14: «Non esistono attualmente tecniche che possano assicurare che l’embrione trasferito o da trasferire non sia affetto da patologie infettive, congenite o geniche». Il consenso di «Restoincinta» invece recita così: «(nel caso di Icsi) esiste un probabile aumento di rischio di anomalie genetiche... Esiste una probabilità di trasmettere alla prole di sesso maschile una condizione clinica (sterilità) identica o simile a quella del padre». E in conclusione si afferma: «In caso di gravidanza ottenuta con qualsiasi metodo è consigliabile amniocentesi o villocentesi». Quest’ultima frase, benché sibillina, appare di straordinaria gravità. Amniocentesi e villocentesi infatti sono esami invasivi, non senza una certa pericolosità per il feto, che vengono suggeriti non a tutte le mamme ma solo a quelle con possibilità di malattie genetiche ereditarie, o a quelle al di sopra dei 35 anni, la cui prole è a maggior rischio di handicap. Il fine? Consigliare l’aborto in casi di malformazione. Ma allora perché proporre detti esami a tutte le mamme trattate con Fiv, senza eccezioni, anche qualora non vi siano i tradizionali requisiti, se non perché si è consapevoli che il rischio di malformazioni è più alto che nella fecondazione naturale? In questo modo si potrà sempre dire: è venuto male, signora, ma basta eliminarlo!

21/02/2005 - Francesco Gomez


http://www.molecularlab.it/elaborati/elaborato.asp?n=26

LONDRA-UN EMBRIONE UMANO NATO DA TRE GENITORI

TECNOLOGIA & SCIENZA


L'annuncio di un'èquipe dell'Università di Newcastle: Dna da un uomo e due donne
La speranza è di ottenere cure efficaci per gravi malattie ereditarie
Londra, creato in laboratorio
embrione da tre genitori
di ALESSIA MANFREDI

UN EMBRIONE umano, nato da tre genitori. L'annuncio della sua creazione in laboratorio è stato dato da un'équipe britannica dell'Università di Newcastle, che spera in questo modo di ottenere cure efficaci per una serie di gravi malattie ereditarie.

L'embrione è stato ottenuto con la fecondazione in vitro, usando Dna da un uomo e due donne. L'idea è che si possa così evitare che le donne con difetti nel Dna mitocondriale - che possono portare a forme di epilessia, cecità, sordità, disturbi muscolari e dello sviluppo - passino la malattia ai figli.

I mitocondri, infatti, sono piccoli organi che forniscono energia alle cellule. Se per anomalie genetiche non funzionano correttamente, non riescono a consumare completamente cibo e ossigeno, creando pericolosi accumuli tossici responsabili di oltre 40 malattie, che portano disabilità e anche alla morte. Malattie che si potrebbero evitare se gli embrioni a rischio ricevessero un trapianto mitocondriale.

La tecnica, hanno spiegato gli scienziati ad un convegno medico a Londra, prevede la fecondazione in vitro di una cellula uovo e la rimozione successiva del nucleo. Il nucleo viene poi inserito nella cellula uovo di una donatrice, il cui Dna è stato rimosso. Il feto che ne risulta eredita il Dna nucleare da entrambi i genitori e quello mitocondriale da una terza persona.

La tecnica finora è stata sperimentata solo in laboratorio, usando 10 embrioni con gravi anomalie scartati per i trattamenti tradizionali di fecondazione; quelli creati sono stati distrutti dopo sei giorni.

"Esperimenti simili sono stati fatti anche in Italia" commenta il genetista Bruno Dalla Piccola "per ringiovanire, ad esempio, le cellule uovo di donne anziane, ma quello delle malattie mitocondriali è un campo complesso. La prova del nove sarebbe vedere se al momento della nascita si può dimostrare che i mitocondri sono effettivamente del terzo partner", conclude.

Gli scienziati di Newcastle hanno chiarito che un bambino che dovesse nascere usando questa tecnica avrebbe elementi genetici di tre diverse persone, ma che il Dna nucleare, che regola l'aspetto fisico e altre caratteristiche chiave, non verrebbe dalla cellula uovo del terzo donatore. Per verificarlo, i ricercatori hanno provato la tecnica sui topi e ottenuto una conferma.

La loro è una motivazione terapeutica: "In linea di principio siamo convinti di poter sviluppare questa tecnica e offrire una cura in un futuro prossimo per poter dare alle famiglie la speranza di non trasmettere ai figli la malattia", spiega alla Bbc il dottor Patrick Chinnery, membro dell'équipe. "Dal punto di vista teorico può funzionare" conferma il professor Dalla Piccola, che però avverte: "dal punto di vista pratico mi lascia maggiormente perplesso. Ogni estremizzazione rischia di diventare accanimento riproduttivo".

Senza contare le questioni di tipo etico destinate ad aprirsi dopo l'annuncio. E in Gran Bretagna i gruppi in difesa della vita, come il Comment on Reproductive Ethics, hanno già bollato l'esperimento come "pericoloso e rischioso: un passo in avanti verso la creazione di bambini su misura".

(5 febbraio 2008)
http://www.repubblica.it/2008/02/sezioni/scienza_e_tecnologia/embrione-tre-genitori/embrione-tre-genitori/embrione-tre-genitori.html